Tra i disturbi del comportamento alimentare, l’ARFID è, con ogni probabilità, il meno conosciuto e il più sottovalutato. Scopriamo in cosa consiste, quali conseguenze provoca e come curarlo.

ARFID
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Che cos’è l’ARFID

L’ARFID – Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo (Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder) consiste in un tipo di alimentazione talmente selettivo da poter compromettere la salute del paziente. Essendo un disturbo alimentare che colpisce solitamente molto presto rispetto agli altri DCA, viene frequentemente confuso con i normali capricci che spesso i bambini fanno nel momento in cui vengono presentati loro determinati cibi. Ecco perché si tratta di un disturbo del comportamento alimentare piuttosto sottovalutato.

Al contrario, purtroppo, l’ARFID è decisamente qualcosa di più di un semplice “essere schizzinosi”. L’alimentazione normalmente selettiva adottata dai bambini in specifiche fasi dell’infanzia, infatti, non ha alcuna influenza negativa sullo sviluppo psico-fisico e si risolve, normalmente, al più tardi durante l’adolescenza. Invece, quando l’alimentazione selettiva compromette significativamente la crescita e lo sviluppo, è molto probabile che si tratti di ARFID.

Di solito, l’ARFID ha inizio durante l’infanzia, ma può sopraggiungere negli adulti in caso di esperienze negative con il cibo, come soffocamento o reazioni allergiche.

Diagnosticare l’ARFID

Introdotto all’interno della quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) nel 2013, a differenza degli altri disturbi alimentari, l’ARFID non è una conseguenza della paura di ingrassare e/o dell’eccessiva attenzione al peso e alla forma corporea. La sua diagnosi parte dall’insoddisfazione delle necessità nutrizionali e/o energetiche, ma richiede anche che il disturbo:

  • Non si manifesti durante il decorso di anoressia o bulimia nervosa;
  • Non sia attribuibile a una malattia medica o a un altro disturbo mentale;
  • Nel caso in cui i sintomi del disturbo si presentino in comorbidità con un’altra condizione, essi devono essere ritenuti sufficientemente gravi da giustificare un’ulteriore attenzione clinica.

L’ARFID, infatti, si evidenzia spesso in soggetti con disturbi d’ansia, ADHD o disturbi dello spettro autistico.

Inoltre, si può diagnosticare l’ARFID in presenza di una, o più, delle seguenti conseguenze:

  • Significativa perdita di peso o non raggiungimento del peso adeguato durante la fase di sviluppo;
  • Importante deficit nutrizionale;
  • Necessità di nutrizione enterale o di supplementi orali;
  • Evidenti difficoltà nella sfera psicosociale.

Alcuni pazienti possono presentare anche sintomi come dolore addominale, nausea o reflusso gastroesofageo.

Sottotipi di ARFID

Si distinguono tre sottotipi di ARFID in base alla tipologia di evitamento del cibo:

  • Evitamento causato da un’apparente mancanza d’interesse generale per il cibo e l’atto di mangiare (condizione definita anche “Disturbo emotivo di evitamento del cibo”);
  • Evitamento sensoriale del cibo (si evitano determinati alimenti a causa delle loro peculiarità sensoriali, come aspetto, odore, consistenza, gusto…);
  • Evitamento del cibo dovuto all’angoscia causata dalle possibili conseguenze negative del mangiare (soffocarsi, vomitare, stare male di stomaco…).

ARFID: un disturbo “giovane”, ma sorprendentemente diffuso e probabilmente ereditario

Nel 2023, la definizione di ARFID ha compiuto solo 10 anni: un disturbo giovane, ma che colpisce più persone di quante si possa immaginare. Si stima, infatti, che la percentuale della popolazione mondiale affetta da ARFID oscilli tra l’1% e il 5%. Un recente studio della dottoressa Lisa Dinkler (Karolinska Institutet), inoltre, ha utilizzato il metodo dei gemelli per determinare l’ereditarietà di questo disturbo. I gemelli identici condividono tutti i geni e i gemelli fraterni ne condividono circa la metà. Ma quando un determinato tratto è più comune in entrambi i membri di coppie di gemelli, sia omozigoti, sia eterozigoti, significa che esiste un’influenza genetica. Si può, quindi, stimare il grado in cui un tratto è influenzato da fattori genetici e, secondo questo studio, pare che nel 79% dei casi l’ARFID possa dipendere proprio da fattori genetici.

Come trattare l’ARFID

Per trattare l’ARFID è necessaria la sinergia tra specialisti della nutrizione e professionisti appartenenti al campo della psicoterapia. Uno dei trattamenti più accreditati si deve alla dottoressa Jennifer J. Thomas e al suo team. Si tratta del protocollo CBT-AR, le cui fasi principali sono:

  • Psicoeducazione e alimentazione regolare;
  • Rialimentazione e pianificazione del trattamento;
  • Affrontamento dei meccanismi di mantenimento rilevanti (in base al sottotipo);
  • Prevenzione dalle ricadute.

Per lavorare in modo più veloce ed efficace sia sui sintomi del disturbo, sia sulla prevenzione da eventuali ricadute, si consiglia di associare l’approccio CBT-AR al protocollo EMDR, il metodo scientifico per eccellenza per l’elaborazione dei traumi. Durante una seduta di EMDR, il paziente attiva, simultaneamente, il canale percettivo, il canale cognitivo, quello emotivo e quello somatico, mentre ricorre al ricordo: ne attiva l’immagine peggiore, la cognizione negativa, le emozioni disturbanti, le sensazioni fisiche… parallelamente, il terapeuta stimola dei movimenti oculari (o somministra un altro tipo di stimolazione bilaterale, tattile o uditiva). In questo modo, si favorisce l’attenzione duale, grazie alla quale il soggetto si focalizza, contemporaneamente, sul ricordo e sul presente. La doppia focalizzazione consente di desensibilizzare il ricordo, finché l’immagine disturbante non viene più percepita come tale. Si attua, così, una vera e propria ristrutturazione cognitiva.

Questo approccio integrato è adatto a bambini, adolescenti e adulti di età pari o superiore a 10 anni clinicamente stabili, esenti da gravi disabilità dello sviluppo e non dipendenti da alimentazione con sondino. Il trattamento può avvenire in presenza della famiglia o con sedute individuali. Il primo caso è solitamente consigliato per pazienti di età inferiore ai 16 anni e/o gravemente sottopeso, il secondo per adulti e adolescenti motivati e non eccessivamente sottopeso.

Dott.ssa Federica Majore
Psicologa del Comportamento Alimentare
Psicoterapeuta
3924131042
federica.majore@gmail.com

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