Il disagio giovanile è in netto incremento: insonnia, sbalzi d’umore, paura di fallire, disturbi alimentari, crisi d’ansia e scarso senso di autostima sono solo alcune delle problematiche che emergono dalle ricerche. Su un campione di circa 8.000 adolescenti (11 – 19 anni) sul territorio nazionale, il 20% dichiara di essere seguito da uno psicologo, il 10% di assumere psicofarmaci (come calmanti, antidepressivi o ansiolitici), il 40% di discutere spesso con i genitori e di vivere in un ambiente familiare difficile. Tra le forme di disagio più diffuse figurano il bullismo, di cui sono vittima circa 3 adolescenti su 10, e il cyberbullismo, che coinvolge circa 1 adolescente su 10 (fonte – Comunicato stampa del 31/05/2017 – Osservatorio Nazionale Adolescenza).

Cosa si intende per cyberbullismo?

Il cyberbullismo (bullismo online) è un termine che indica atti di bullismo e di molestia effettuati tramite mezzi elettronici come e-mail, messaggistica istantanea, blog, telefoni cellulari, cercapersone e/o siti web.

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Si tratta di un fenomeno di sconcertante diffusione nell’epoca delle nuove tecnologie, ormai alla portata di tutti – bambini e adolescenti inclusi. Possiamo definirlo come un comportamento aggressivo e denigratorio finalizzato a offendere, spaventare e umiliare una vittima attraverso l’utilizzo della messaggistica elettronica. I più colpiti sono bambini e adolescenti dai 12 anni in su: il 31% delle vittime ha 13 anni (fonte – “Abitudini e stili di vita degli adolescenti 2014”, ricerca realizzata dalla Società italiana di Pediatria). L’espansione del fenomeno è certamente imputabile all’anonimato che alcuni social garantiscono e alla mancanza di tutti quegli aspetti concreti che regolano abitualmente la comunicazione vis-a-vis (tono della voce, prossemica, aptica, mimica facciale…). Questo contesto deresponsabilizza il bullo, che non percepisce i sentimenti della vittima come reali né, spesso, si rende conto di perpetrare una vera e propria violenza ai danni altrui.

Internet: terreno fertile per il cyberbullismo

L’utilizzo dei mezzi elettronici genera uno specifico contesto ambientale positivo per la diffusione del cyberbullismo, in quanto presenta le seguenti caratteristiche:

  • Anonimato: per la vittima è difficile risalire all’ identità del molestatore. Su diversi canali social è, infatti, possibile creare profili falsi, non dovendo fornire alcun documento. Solo denunciando si può intervenire concretamente, risalendo all’aggressore attraverso le sue “tracce digitali”;
  • Codici normativi/morali ridotti: è stato riscontrato che, nel mondo virtuale, le persone osano affermare idee o compiere azioni che, nella vita “reale”, non compirebbero;
  • Assenza di limiti spazio-temporali: il cyberbullismo colpisce la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico utilizzato dal bullo. Non esistono spazi o confini entro cui possa proteggersi: si è sempre esposti alla violenza;
  • Popolarità: molti cyberbulli assumono un atteggiamento aggressivo e violento allo scopo di ottenere visibilità, consensi e approvazione da parte di un “pubblico”.

Il cyberbullismo e la legge

La Legge 29 maggio 2017 n. 71 reca le “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”. Il cyberbullismo in quanto reato viene definito come:

[…] qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.

La storia di Carolina Picchio

Non possiamo dimenticare la storia di Carolina Picchio che, nella notte tra il 4 e il 5 gennaio 2013, si suicida gettandosi dal balcone di casa sua, a Novara. Da qualche tempo, circolava in rete un video, girato da alcuni coetanei, che la ritraeva ubriaca a una festa. Il filmato diviene virale, inizia l’incubo: insulti e minacce virtuali, molti provenienti da persone che neanche conosce, le piombano addosso senza che possa avere modo di difendersi. Prima di lanciarsi nel vuoto, scrive: “Le parole fanno più male delle botte. Ma a voi non fanno male? Siete così insensibili?” (Fonte – Morire di cyberbullismo: la storia di Carolina).

Ascoltare i ragazzi è necessario

La violenza in rete può generare un tale dolore tra i giovani coinvolti che, se è l’82% a dire di sentirsi spesso triste e depresso, circa il 71% esplode in frequenti crisi di pianto e più della metà (il 52%) ammette di provocarsi del male fisico intenzionalmente (gli atti di autolesionismo avrebbero la funzione di alleviare, per pochi istanti, il disagio psicologico che sentono). Ci si sfoga, poi, anche attraverso abitudini alimentari sbagliate: il 49% delle vittime di cyberbullismo ammette di aver ridotto drasticamente il cibo (anche perché, spesso, si viene denigrati proprio a causa del proprio aspetto esteriore), mentre quasi il 60% si tuffa in “abbuffate emotive(fonte – indagine di Skuola.net e Osservatorio Nazionale Adolescenza per conto di “Una Vita da Social”, iniziativa della Polizia di Stato per il corretto uso di internet).

Dai dati emersi, sembra chiaro che prestare un orecchio attento ai ragazzi sia più necessario che mai, nel tentativo di accogliere la loro esperienza senza giudicare, supportandoli affinché possano parlarne, comprendendo appieno i termini dell’ingiustizia perpetrata o subita. Non dimentichiamo, infatti, che anche il bullo può rivelarsi un adolescente che ha bisogno di aiuto.

Dott.ssa Federica Majore
Psicologa del Comportamento Alimentare
Psicoterapeuta
3924131042
psicoalimentare@gmail.com

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