Di seguito, l’intervista completa per l’edizione del mese di Ottobre 2017 “Speciale Obesità” con la giornalista Barbara Merlo.

  • “Quanto contano gli aspetti psicologici nell’ obesità?”

Biologicamente, il senso di fame viene regolato da meccanismi che ne bloccano l’ impulso una volta che l’organismo si è nutrito a sufficienza. Nel caso di pazienti in forte sovrappeso ed obesi, tali processi vengono alterati da comportamenti disfunzionali reiterati nel tempo. Un esempio molto frequente è l’emotional eating, l’abitudine di rivolgersi al cibo per sopperire a stati d’animo difficili da gestire. Questo si accompagna spesso ad altre problematiche come sintomi ansiosi e depressivi, scarsa autostima, senso di ineluttabilità della propria condizione.

Inoltre, molti individui mostrano di avere convinzioni irrazionali profondamente radicate rispetto al cibo, alle forme corporee ed all’ attività fisica che pregiudicano le reali possibilità di cambiamento e di cui, spesso, non sono consapevoli. In Psicoterapia queste vengono definite “distorsioni cognitive” e, se non vengono elaborate, limitano gravemente le possibilità di successo.

Com’ è possibile intuire, dal punto di vista psicologico come da quello medico, l’obesità si presenta come un quadro estremamente complesso.

  • “Il cibo come compensazione di carenze: quali carenze? La condizione si verifica più nelle donne o negli uomini?”

Solitamente si tratta di carenze affettive e relazionali. Basti pensare che il primo contatto con il cibo avviene attraverso il calore materno per comprenderne l’importanza e che, crescendo, tutta la vita relazionale viene scandita da momenti conviviali. Condividere un pasto rappresenta lo stare insieme, l’esser connessi, il far parte di qualcosa. Il cibo viene sin da piccoli vissuto come fonte di premio o punizione, potente mezzo attraverso cui dare e ricevere attenzioni, affetto, amore. Quando queste esperienze positive vengono a mancare, si tende spesso a cercare consolazione utilizzando il mezzo più immediato, a basso costo, disponibile e gratificante proprio perché evocativo di sensazioni piacevoli.

Secondo il rapporto Osservasalute 2016 in Italia, nel 2015, la condizione di eccesso ponderale era più diffusa tra gli uomini rispetto alle donne (sovrappeso: 44% vs 27,3%; obesità: 10,8% vs 9%). Nell’ambito della mia esperienza clinica, al contrario, sono le donne a rivolgersi più frequentemente alla Psicoterapia per ricevere un sostegno nel percorso di cure.

  • “Esistono altre cause psicologiche dell’obesità? Ad esempio modelli comportamentali errati, lusinghe del marketing, modelli fisici imposti dai media ed irraggiungibili, sfiducia in se stessi…?”

Pubblicità, riviste e mondo dello spettacolo propongono modelli estetici irrealizzabili per la maggior parte delle persone. La magrezza e il controllo del peso vengono glorificati ed il sovrappeso e l’obesità divengono motivo di vergogna ed emarginazione sociale. Ben lungi dal dichiarare tali modelli come irraggiungibili, i media creano e cullano l’illusione che sia possibile, ad esempio acquistando un prodotto od un “programma dimagrante”, raggiungere l’agognato ideale senza grandi sforzi. Per farsi un’idea basta sfogliare la gallery di Instagram, solo in Italia utilizzato da ben 14 milioni di utenti e pieno zeppo di immagini di fitness model e personaggi dello spettacolo che sponsorizzano l’acquisto di prodotti o programmi “miracolosi” per la perdita del peso.

Questi messaggi non solo celano un imbroglio, ma generano nell’ individuo la necessità di aderire a quel canone per avere successo nella vita. A questo meccanismo dobbiamo sommare il senso di insoddisfazione verso il proprio corpo, ripetuti fallimenti di progetti di dimagrimento e sfiducia nelle proprie risorse personali.

  • “Obesità e consapevolezza di esserlo. Chi soffre di obesità, quanto prende a cuore il suo problema e quanto cerca di risolverlo?”

Alcuni convivono col problema tutta la vita, giudicandosi incurabili, condannati; questo avviene principalmente a causa dei numerosi tentativi effettuati in passato e dei ripetuti fallimenti. Molto però dipende dalla rete di sostegno sociale di cui la persona può avvalersi. Il sostegno dell’altro aiuta sia a percepire meno lo stress derivante dal doversi sottoporre a trattamenti e controlli nel lungo termine, sia a sviluppare strategie di coping più funzionali al progetto di cambiamento. Teniamo presente che la persona dovrà modificare il proprio stile cognitivo e comportamentale per sempre, non per un limitato periodo di tempo. Va da sé che il percorso sarà lungo e complesso e che ricevere conforto ed incoraggiamento dai propri cari sarà fondamentale.

  • “Come vengono vissute le diete dall’ individuo obeso? Perché spesso vi si sottopone ma senza risultati, con temibili effetti yo-yo? E gli interventi più importanti, come il bendaggio gastrico, come vengono vissuti?”

Il concetto stesso di dieta evoca immediatamente un senso di privazione, per molti intollerabile. Nella gran parte dei casi, la persona inizia a seguire un regime alimentare più o meno rigido un fatidico lunedì, convinta e determinata regge qualche tempo, ma a stretto giro torna alle precedenti abitudini. Spesso con maggior voracità, a causa della precedente restrizione.

Ogni insuccesso aggrava sia lo stato fisiologico dell’organismo, portando alla sindrome dello yo-yo, che quello psicologico, generando un senso di sfiducia. Il problema è troppo complesso per poter essere affrontato con la sola dieta; ricerche scientifiche dimostrano l’importanza della Psicoterapia nel percorso di cambiamento dello stile di vita proprio perché, se non si interviene sulla mentalità, si torna inevitabilmente al punto di partenza.

Anche nel caso dei pazienti bariatrici (chirurgia dell’obesità), molti recuperano il peso perduto perché, pur avendo agito modificando chirurgicamente le dimensioni del loro stomaco, non sono intervenuti sulle cause a monte del problema. Nell’équipe chirurgica dovrebbe sempre essere presente uno Psicoterapeuta, non solo per l’iniziale fase valutativa dell’idoneità all’intervento, ma anche e soprattutto nella rieducazione cognitivo-comportamentale che deve necessariamente seguire.

  •  “Obesità infantile: che ruolo hanno i familiari nell’eziologia del problema?”

L’obesità infantile è un fenomeno tristemente crescente. Ritmi di lavoro incessanti e costi di vita sempre più elevati costringono entrambi i genitori a lavorare a tempo pieno, con l’esito di avere poco tempo a disposizione per preparare pasti fatti in casa e di dover spesso ricorrere all’ utilizzo di cibi pronti ricchi di grassi, zuccheri e conservanti. Bambini che trascorrono molto tempo da soli tendono a ricercare affetto e cure in altro modo, ad esempio mangiando. Per contro, i nonni che appartengono alla generazione del dopoguerra vedono nel bambino rubicondo l’emblema della salute e della robustezza costituzionale e tendono a sottovalutare i segnali di fame e sazietà dei nipoti, nell’ assoluta buona fede della convinzione che nutrirli a dismisura equivalga a renderli forti e sani. Questo predispone i più piccoli ad incontrare, anche da adulti, maggiori difficoltà nella gestione del comportamento alimentare.

Dott.ssa Federica Majore
Psicologa, Psicoterapeuta, Psicoanalista Relazionale
Esperta in Psicologia del Comportamento Alimentare

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