Sebbene sia sempre più diffusa, l’ortoressia continua a essere uno dei disturbi alimentari attualmente meno conosciuti. Caratterizzato dall’ossessione per il cibo sano, diventa una vera e propria mania che va molto oltre il sano desiderio di seguire una dieta equilibrata.
Etimologia e nascita del termine “ortoressia”
Il termine ortoressia, derivante dal greco “orthos”, giusto, e “orexis”, appetito, è stato coniato nel 1997 dal medico americano Steven Bratman , che si autodefiniva “ex ortoressico”. Il Dott. Bratman aveva formulato un questionario con l’obiettivo di identificare quella che già riteneva essere una psicopatologia. Egli aveva collegato determinati comportamenti alimentari alla paura, spesso maniacale, di ingrassare o di non essere in perfetta salute, che può condurre al risultato opposto, con conseguenze negative sul sistema nervoso e/o sulla vita sociale, e con l’aggravante di essere difficilmente riconosciute dal soggetto stesso e da chi lo circonda. Il lavoro del Dott. Bratman è stato continuato, a partire dal 2009, dalla Dottoressa Ursula Philpot e oggi attira una significativa attenzione da parte dei media.
In cosa consiste l’ortoressia
A differenza di altri disturbi alimentari, come anoressia o bulimia, chi soffre di ortoressia non è focalizzato tanto sulla quantità di cibo, quanto sulla sua “qualità” o presunta tale. Infatti, l’ortoressia induce a evitare cibi soggettivamente percepiti come “impuri” o “non sani”, portando a eliminare intere categorie alimentari, con possibili conseguenze negative, come carenze nutrizionali, isolamento sociale e disagio psicologico. L’ortoressia si distingue dalla semplice scelta di un’alimentazione sana proprio per la sua rigidità, perché quando questo tipo di attenzione diventa eccessiva e ossessiva, può sfociare in comportamenti problematici e ogni deroga causerà ansia o senso di colpa.
L’influenza dei media
Uno dei fattori che contribuiscono allo sviluppo dell’ortoressia è la crescente attenzione mediatica sui benefici del “mangiar sano”. Social media, influencer, TV, siti web spesso promuovono diete fai-da-te estreme e/o eliminatorie, creando un terreno fertile per l’ossessione alimentare. Che lo vogliamo o no, in un mondo che sta cercando di combattere la diet culture e di diffondere il più possibile la body positivity, la grassofobia continua a permeare, in modo più o meno consapevole, le menti di ognuno di noi.
I sintomi dell’ortoressia
Per intervenire tempestivamente, è fondamentale riconoscere i sintomi dell’ortoressia:
- Preoccupazione eccessiva per la provenienza dei cibi
- Ossessione relativa alla preparazione dei piatti
- Eliminazione di cibi considerati “nocivi” (es. carbofobia)
- Senso di superiorità morale legato alle proprie scelte alimentari (derivante dalla grassofobia)
Ortoressia ed EDMR
Mantenere una dieta equilibrata è importante ma, quando il desiderio di mangiare sano diventa ossessivo, quando durante la giornata non si riesce a pensare ad altro, è essenziale cercare aiuto. Un approccio sano all’alimentazione deve essere flessibile, basato sull’equilibrio e sul benessere complessivo, piuttosto che sulla (presunta) perfezione.
Dietro all’ossessione per il mangiare sano, ci sono fattori come stress, ansia, perfezionismo, traumi passati (es. bullismo), problemi familiari… la terapia EMDR, nata per il trattamento del disturbo da stress post-traumatico (PTSD), si rivela efficace anche nel trattamento di disturbi alimentari. Essa consente di lavorare su ricordi traumatici e convinzioni negative associate, in questo caso, al cibo e all’immagine di sé.
In pratica, l’EMDR lavora sul processo di rielaborazione di ricordi traumatici che potrebbero sostenere le ossessioni legate all’alimentazione, facendo emergere (prima) e desensibilizzando (poi) le emozioni e le convinzioni che provocano i sintomi dell’ortoressia. Attraverso movimenti oculari guidati o altre forme di stimolazione bilaterale (tocco, suoni…), il paziente può rielaborare i ricordi traumatici o angoscianti legati alla propria storia alimentare o a questioni di controllo e perfezionismo, riducendo il carico emotivo a essi associato.
In sintesi, chi soffre di ortoressia può ricorrere alla terapia EMDR per:
- Identificazione e desensibilizzazione dei traumi passati: l’EMDR aiuta a identificare eventi significativi del passato e a rielaborarli;
- Riduzione di ansia e ossessioni: lavorando su convinzioni centrali e irrazionali (es.: “Se non mangio sano, mi ammalerò”), l’EMDR aiuta a ridurre l’ansia associata all’alimentazione e il senso di colpa nel caso in cui si “esca dagli schemi”;
- Rafforzamento di un’immagine di sé positiva: la terapia EMDR aiuta anche a costruire una nuova immagine di sé più flessibile e non dipendente da rigide regole autoimposte.
Dott.ssa Federica Majore
Psicologa del Comportamento Alimentare
Psicoterapeuta
3924131042
federica.majore@gmail.com