Emotional Eating, dieta, fallimento… sono tutte facce della stessa medaglia che, a lungo andare, instaurano un circolo vizioso da cui non è facile, ma nemmeno impossibile, uscire. Ecco come riconoscere il problema e come provare a risolverlo.
Che cos’è l’Emotional Eating
La difficoltà a gestire l’emotività, propria di chi soffre di Emotional Eating, spinge a cercare un’ immediata gratificazione rispetto a emozioni o pensieri disfunzionali attraverso il cibo (comfort food) che rilascia, nell’immediato, una sensazione di appagamento, salvo, subito dopo, gettare la persona nella disperazione e nel disgusto di sé per aver “ceduto” o “sgarrato”. In pratica, chi soffre di Emotional Eating mangia per gestire emozioni e pensieri negativi, ma ciò innesca un circolo vizioso che, a lungo andare, peggiora lo stato d’animo della persona.
In un individuo in sovrappeso a causa di problematiche legate all’Emotional Eating, la dieta non può che contribuire al consolidamento di questo circolo vizioso, aumentando il senso di fallibilità e la conseguente ricerca di una gratificazione immediata del bisogno. Così, nonostante innumerevoli tentativi falliti, non si riesce a rinunciare alla convinzione irrazionale che “la prossima dieta sarà quella buona”, senza rendersi conto che il problema non è “quale” dieta, ma la dieta di per sé.
“Essere in sovrappeso in un mondo in cui vanno di moda i magri può non essere un dolore frivolo. La Dieta è come fare le pulizie di primavera, il cambio di stagione, rimettere in ordine la casa, cominciare una nuova vita, ripulirsi, purificarsi, prepararsi. Essa contempla una connotazione di ringiovanimento, di controllo, di capacità di rinuncia, di forza di volontà che ci porterà, se saremo “bravi”, a dimagrire e migliorare di conseguenza, la nostra autostima e il nostro senso di autoefficacia. Per questo è così difficile rinunciarvi ed è così necessario riprovarci dopo ogni fallimento”.Da “Il Peso delle Emozioni”, di Pietro Alleri e Raffaele Ruocco
Emotional Eating e dieta: un circolo vizioso
Quando c’è bisogno di perdere peso, il circolo vizioso che spesso si instaura è questo:
Sovrappeso –> dieta –> conseguenze emotive, fisiologiche, corporee (stanchezza, irritabilità, nervosismo…) –> sgarro, spuntini furtivi, Emotional Eating –> senso di colpa, vergogna, frustrazione –> disprezzo di sé, insoddisfazione, bassa autostima –> ricerca di consolazione –> Emotional Eating –> sovrappeso…
Dunque, l’alimentazione può diventare uno strumento tramite cui regolare abitualmente le emozioni. Così, nel lungo periodo, ci si abitua a mangiare per:
- – Noia
– Ansia
– Tensione
– Stress
– Solitudine
– Tristezza
– Rabbia
– Vergogna
La fame, con l’Emotional Eating, non c’entra.
Come disinnescare il circolo vizioso
In questa condizione, vietarsi alcuni alimenti mettendosi a dieta scatena inevitabilmente il circuito restrizione/inibizione –> disinibizione: il cibo di cui ci si priva diventa quello che si desidera di più, a cui non si riesce a smettere di pensare e a cui, alla fine, non si riesce a resistere. Da qui, il passo verso lo “sgarro” è breve.
Com’ è possibile considerare ancora la dieta come una soluzione adeguata al problema dell’Emotional Eating? Proviamo a invertire la rotta: dimagrire ripetendo a se stessi “io non sono a dieta” rappresenta il primo vero passo verso il cambiamento: un cambiamento mentale, ancor prima che fisico.
Ma… come dimagrire senza mettersi a dieta?
Ebbene, è possibile concedersi i suddetti “cibi irresistibili” pianificando di assumerli durante i pasti principali, assecondando i propri desideri. Perché la possibilità di scegliere libera dall’obbligo di resistere e di rinunciare: la rinuncia è la molla che fa scattare la fame nervosa e l’Emotional Eating, quindi cosa succede se si elimina la rinuncia dal campo? Se ci si concede quel che più si desidera, organizzandolo con cura, gustando ogni boccone lentamente, vivendo il momento del pasto come un’esperienza gratificante e positiva?
Liberarsi dal terrore dello “sgarro” a favore della libertà di poter decidere cosa mangiare e quando aiuta a passare, mentalmente, da un circuito di inibizione-disinibizione e fallimento alla ricerca della soddisfazione di un piacere e di un bisogno in modo naturale e sano, e da una forma di controllo “esterno” (la dieta) a una di autocontrollo ed autogestione.
Lo Psicologo del comportamento alimentare può aiutarti a riconoscere la fame emotiva, spezzando i circoli viziosi e liberandoti dalle catene della dieta, definitivamente.
Ci avevi mai pensato?
Dott.ssa Federica Majore
Psicologa del Comportamento Alimentare
Psicoterapeuta
3924131042
federica.majore@gmail.com
