I numeri sono drammatici nel mondo e anche in Italia, ma dietro i numeri ci sono le persone e le storie personali, tutte diverse tutte terribili. Ma anche a volersi soffermare solo sui dati, se per una volta – magari il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – vogliamo leggerli senza fretta, senza la superficialità cui spesso siamo costretti sono terrificanti.

A livello mondiale, ogni anno un miliardo e duecento milioni di donne subiscono violenza e cinquantamila vengono uccise da componenti della propria famiglia, 6 donne su 10. Spesso i maltrattamenti sulle donne si consumano davanti ai figli: si stima che a livello globale circa 3 bambini su 4 (pari a circa il 75%) siano stati vittime nell’anno precedente di almeno una forma di violenza. Si tratta di 1,3 miliardi di bambini, e il 90% di questi maltrattamenti resta sconosciuto.
In Italia poi, le donne che hanno subito violenza almeno una volta nella vita rappresentano in numero la somma della popolazione di Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo messe insieme, di cui la maggior parte consumate tra le mura domestiche e che, in molti casi, sono state vissute in presenza di bambini e bambine. Oltre 6 milioni le donne vittime di violenza in Italia, e in 8 casi su 10 (contro i 6 su 10 a livello globale) queste donne muoiono per mano di un partner, ex partner o familiare.
Come evidenziano i dati, la violenza sulle donne e la violenza sui bambini/e sono unite da 6 livelli di connessione: condividono numerosi fattori di rischio, originano dalle stesse norme sociali e culturali, hanno conseguenze comuni, cumulate e combinate, si verificano in maniera concomitante, si trasmettono di generazione in generazione e spesso si sovrappongono nell’ adolescenza.
Per questo richiedono l’adozione di una visione comune, che tenga conto di questa complessità.
Marco Chiesara, Presidente WeWorld Onlus, in una recente presentazione dello studio alla Camera dei Deputati, osserva: “Nel mondo sono 1.2 miliardi le donne e 1.3 miliardi i bambini vittime di violenza: è ormai chiara l’interconnessione tra i due fenomeni e di conseguenza la necessità di affrontare il problema in maniera trasversale, con un approccio integrato che si rivolga ai giovani, alle famiglie e alla scuola. Per combattere la violenza contro le donne e i bambini bisogna interrompere la trasmissione intergenerazionale della violenza. Un bambino che è vittima di violenza o maltrattamento diretto da parte dei genitori o assiste alla violenza del padre verso la madre ha una probabilità più elevata da grande di essere un perpetuatore di violenza. E una bambina vittima di violenza da piccola ha una probabilità più elevata di essere vittima di violenza da adulta. Si tratta di un vero e proprio ciclo della violenza all’interno delle famiglie che può essere interrotto solo attraverso opportune politiche di cura e di prevenzione.”

LAVORARE SUL NUCLEO FAMILIARE COME DESTINATARIO DI INTERVENTI DI PREVENZIONE – La forma di violenza più diffusa contro le donne e i bambini e le bambine è la violenza domestica, nella quale più soggetti sono coinvolti (donne, bambini/e, adolescenti, uomini maltrattanti). Nello specifico serve un approccio integrato, che tenga conto della famiglia nel suo complesso e guardi al nucleo familiare come destinatario di interventi di prevenzione e contrasto. Soprattutto quando la violenza è ancora sommersa e si manifesta sotto forma di violenza psicologica, economica o maltrattamento, è necessario lavorare sull’intero nucleo familiare, perché le conseguenze della violenza si riversano anche sui bambini/e (ad es. in termini di benessere fisico e/o psicologico, di trasmissione intergenerazionale) e le cause hanno radici in norme sociali e culturali interiorizzate in famiglia.
UN NUOVO FONDO PER LA PREVENZIONE E IL CONTRASTO ALLA VIOLENZA CONTRO DONNE E BAMBINI/E. Un’unica direzione strategica pubblica costituisce la premessa per varare un Programma e una linea di finanziamento ad hoc per prevenire e combattere la violenza contro le donne e sui bambini/e in cui il terzo settore possa posizionarsi con azioni sinergiche e durature. Si dovrebbe istituire un “Fondo per la prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne e sui bambini/e” che favorisca una collaborazione tra Enti del Terzo Settore, soggetti pubblici e privati, altri enti erogatori, e territori, in modo da porre le basi per un’alleanza strutturale tra pubblico e privato. Un fondo che non andrebbe a sostituire i finanziamenti già previsti dal Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne.
PREVENZIONE IN AMBITO SCOLASTICO PER STUDENTI E INSEGNANTI – L’intreccio tra violenza contro le donne e contro i bambini è particolarmente evidente quando si considera la trasmissione intergenerazionale della violenza. In questo senso diventa strategico il potenziamento dei servizi dedicati all’infanzia in un’ottica di prevenzione in ambito sia scolastico sia extrascolastico, che siano in grado di coinvolgere gli studenti e le loro famiglie, gli staff delle scuole e gli educatori. Da una parte, implementare iniziative che coinvolgano i bambini vittime di violenza, sia assistita che subita, rappresenta un’area di intervento preventiva di medio-lungo termine con un impatto di sicura efficacia sull’interruzione della trasmissione intergenerazionale della violenza in riferimento ai futuri adulti. Dall’altra, programmare interventi volti a educare, informare e sensibilizzare i giovani alla parità di genere e al rispetto delle differenze (es. campagne di comunicazione a loro rivolte, programmi curriculari nelle scuole o attività formative nell’extrascuola), innesca quei cambiamenti culturali necessari a rompere gli stereotipi alla base della violenza contro le donne e i bambini. Particolare attenzione ai programmi di prevenzione rivolti agli adolescenti, essendo questa fase della vita un momento cruciale per poter incidere in modo importante e duraturo sulla prevenzione della violenza nei ragazzi e nelle ragazze.

SE UNA DONNA SUBISCE VIOLENZA, COSA PUÒ FARE?
1) Parlarne con parenti e amici, per attivare una rete di supporto. La violenza si nutre di omertà e del senso di colpa della vittima, che spesso si sente responsabile delle violenze subite.
2) Denunciare il fatto alle forze dell’Ordine e contattare un Centro Antiviolenza; sono presenti in ogni regione.
3) Interrompere la relazione per proteggere i figli dalla possibilità di subire anch’essi violenza o dal dover vivere la violenza assistita, altrettanto devastante da un punto di vista dello sviluppo fisico, psicologico e comportamentale. Proteggere i bambini è un dovere ed una responsabilità non solo per loro, ma per interrompere il ciclo di trasmissione transgenerazionale della violenza. I bambini che subiscono od assistono alle violenze familiari sono molto più inclini a diventare adulti violenti!

Il silenzio e la speranza che passi o che smetta non sono armi sufficienti a proteggere la donna e gli eventuali figli. Una donna che subisce violenza avrà delle conseguenze psicologiche, comportamentali e fisiche. La maggior parte delle donne vittime di violenza non chiede aiuto, non parla per vergogna e spesso si sente paralizzata dalla paura e dal senso di colpa. Ricordiamo che non c’è nessuna giustificazione per la violenza: essa è una responsabilità esclusiva di chi la agisce. Se ai maltrattamenti aggiungiamo anche l’isolamento sociale, la chiusura verso l’esterno peggiorerà la situazione, proteggendo unicamente colui che agisce violentemente.

IN CASO DI EMERGENZA, CHIAMARE:

  • 112, CARABINIERI
  • 113, POLIZIA
  • 1522, TELEFONO ROSA CONTRO LA VIOLENZA SESSUALE E DI GENERE, ATTIV0 H24, 7 GIORNI SU 7

Fonte: www.ansa.it

Dott.ssa Federica Majore
Psicologa, Psicoterapeuta, Psicoanalista
Terapeuta EMDR
www.psicologoalimentare.it

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